Determinazione di una figura con il metodo di Euclide
Nel primo libro degli “Elementi di Euclide” alla Proposizione I si enuncia il problema della costruzione di un triangolo equilatero su una retta.
“PROPOSIZIONE I.
problema.
Sopra una data retta finita, costruire un triangolo equilatero.
Sia la retta data AB; bisogna sopra essa costruire un triangolo equilatero.
Quello che precede è il disegno ricavato alla descrizione della soluzione al problema.
Poi aggiunge: “e dal punto C, nel quale le circonferenze dei due cerchi fra loro si segano, si tirino [post. 1] le linee rette CA, CB ai punti A e B.”
Prima di quest’ultima frase il triangolo non si vede.
In effetti la premessa al problema fa sorgere alcuni debbi: lasciamo stare la retta infinita ma si cita un triangolo che dovrebbe sorgere dall’intersezione di due cerchi, allora la figura che deve essere definita è già conosciuta quindi questa costruzione non serve a descrivere un triangolo equilatero perché già ne dobbiamo conoscere le caratteristiche. E queste caratteristiche da dove vengono? Da una immagine di triangolo già esistente come ideale da Platone o come induzione da Aristotele.
Quindi la geometria e la matematica che ne discende non è all’origine della natura o contraddicendo ciò che per primo scrive Galileo non è la lingua con cui è scritto il libro della natura.
In effetti con un po' di immaginazione, e dopo il suggerimento di Euclide, possiamo costruire un triangolo tra i punti A-B-C.
Ma potremmo anche costruire un rombo tra i punti A-B-C-F. Allora quello che costruiamo non è un triangolo ma la rappresentazione di un triangolo.
E il vero triangolo dove sta? Dato che in natura esistono quale è la logica con la quale sono costruiti?
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