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Intro

I "dialoghi" che si svilupperanno hanno un punto di arrivo di cui il tema è la percezione della realtà sensibile: il fenomeno è tutto ciò che si evidenzia ai nostri sensi e quindi la realtà esistente al di fuori di noi. Di tutti i fenomeni del sensibile quelli che saranno oggetto dei dialoghi/post saranno quelli che ricadono nell'ambito della visione. L'obiettivo finale è rivolto a sviluppare delle considerazioni sulla geometria. Non sono un filosofo ma un architetto quindi non farò analisi molto approfondite sugli argomenti proposti riguardanti la filosofia, che però è uno degli argomenti principali, mi limiterò a raccogliere quelle idee funzionali allo scopo all'obiettivo che mi sono proposto.

lunedì 5 agosto 2024

Approfondimento sul concetto di relazione in G

Le relazioni che descrivo formalmente come ad esempio &r(!a,!b) non sono le uniche relazioni che esistono nello spazio G. In effetti tutte le istanze esistenti in G sono in relazione tra loro. Le relazioni espresse esplicitamente sono solo relazioni dichiarate ma non rappresentano tutte le relazioni esistenti. Se esistono due o più istanze esse sono in relazione per il solo fatto di esistere nello spazio G. Quando le raccolgo in una relazione formale lo faccio solo per poterne usare la configurazione.
Per dichiarazione intendo l'atto di elencare un insieme di istanze nel momento in cui scrivo una relazione come ad esempio:&r(!a,!b,...!n). In questo modo non creo niente ma dichiaro solo che la configurazione dell'insieme delle istanze elencate è associato alla relazione &r e che se applico la relazione &r a due istanze reali ottengo la replica della configurazione catturata in un altro punto dello spazio. 3:vedi 2 4:in effetti non si creano "nuove" connessione perchè per il solo fatto di esistere in G le istanze sono già connesse.

domenica 10 aprile 2022

Le Figure Geometriche: Tra Natura e Astrazione

La geometria classica euclidea, costituisce il fondamento delle figure geometriche elementari che ancora oggi utilizziamo e produciamo. Euclide, attraverso la sua opera di sintesi, ha fornito una descrizione e un'analisi sistematica di queste figure, basandosi su modelli che, pur non necessariamente esistenti in natura, riflettono una predisposizione cognitiva innata dell'essere umano a concepirle.

Le figure geometriche, indipendentemente dalla loro origine, sono primariamente costrutti mentali. La pratica antica di disegnare figure sulla sabbia per studiarle persiste ancora oggi, seppur in forme diverse. Questo processo evidenzia un paradosso interessante: la capacità di disegnare figure implica una conoscenza pregressa, mentre lo studio di queste stesse figure suggerisce la possibilità di rappresentarle senza una comprensione geometrico-matematica completa.

La geometria fornisce le proprietà e i metodi razionali per la costruzione delle figure, ma la capacità di rappresentarle graficamente precede storicamente questa conoscenza formale. Questa osservazione contrasta con l'asserzione kantiana secondo cui la costruzione di una figura, sia su carta che mentalmente, richieda l'applicazione di regole geometriche prestabilite.

La relazione tra le forme geometriche e le strutture naturali è complessa e non lineare. Consideriamo, ad esempio, un fiore che replica quasi perfettamente la forma di un pentagono:

Nella rappresentazione di tale fiore, tendenzialmente si parte dalla forma geometrica ideale - il pentagono - costruendolo secondo i principi euclidei, sia con strumenti tradizionali che digitali. Questo approccio "top-down" contrasta con il processo generativo della natura, che è essenzialmente "bottom-up": il fiore si sviluppa rispondendo a forze naturali, senza "conoscere" a priori la forma finale che assumerà.

Questa distinzione sottolinea come la geometria e la matematica non siano il linguaggio intrinseco della natura, ma piuttosto strumenti che l'uomo utilizza per sintetizzare e comprendere le relazioni complesse che sottendono alle forme naturali.

Un'ulteriore riflessione riguarda la differenza tra la nostra capacità di concepire e rappresentare forme geometriche e il modo in cui queste si manifestano in natura. Noi possiamo disegnare un cerchio perché lo concepiamo dall'esterno e possediamo gli strumenti per farlo. La natura, d'altro canto, "crea" le forme dall'interno, seguendo regole relazionali intrinseche piuttosto che principi geometrici astratti.

In sintesi, mentre la geometria euclidea ci fornisce potenti strumenti per descrivere e analizzare le forme, è fondamentale riconoscere che essa rappresenta una sintesi umana di fenomeni naturali complessi. La natura opera secondo principi relazionali intrinseci che, pur potendo risultare in forme geometricamente riconoscibili, seguono processi generativi fondamentalmente diversi dalla nostra concezione astratta della geometria.


Co

sabato 5 marzo 2022

Costruzione di un pentagono

Costruzione di un pentagono

Costruiamo il pentagono regolare partendo da un lato.

Per proseguire è necessario fare una premessa: occorre prendere come postulato il fatto che sia possibile costruire un triangolo considerando esclusivamente le lunghezze dei sui lati.

Nella geometria in oggetto questa affermazione di principio risulterebbe data nei seguenti termini: ogni relazione a tre termini costituita da tre relazioni binarie complanari consecutive può costituire un triangolo.

In parole povere prendendo tre oggetti, ad esempio tre listelli di legno, possiamo collegarli in sequenza e se le lunghezze sono appropriate costituiscono un triangolo.

Ogni “segmento” è da considerare una relazione tra due entità (istanze) rappresentate da “punti”.

La relazione consiste in una differente posizione nel piano quindi una disuguaglianza tra posizioni.

Si può consultare l’interpretazione della relazione in un altro post.


Quella che segue è la rappresentazione di una relazione che prendiamo come lato del pentagono.

La relazione è denominata R1 tra le istanze a e b.

Fig. A

R1=(a,b)

Per un uso successivo applichiamo la relazione R1 all’istanza b e otteniamo l’istanza c.

Creiamo la relazione R2 tra le istanze a,b e c.

Fig. B

R2=(a,b,c)

Applichiamo la relazione R2 agli estremi a e b e otteniamo l’istanza d.

Fig. C

R2(a,d,b)

Mettiamo in relazione simultanea tre istanze tramite la stessa relazione che costituisce il lato del pentagono.

{R1(a,b),R1(b,c),R1(c,a)}

soddisfacendo contemporaneamente queste tre condizioni si ottiene naturalmente un triangolo equilatero.

In pratica ciò corrispondere a prendere tre listelli di legno della stessa misura e congiungerli.

Fig. D

{R1(a,b),R1(b,c),R1(c,a)}

Applichiamo nuovamente la relazione R1 partendo dalle istanze d e c e otteniamo l’istanza m.

Fig. E

{R1(d,c),R1(c,m),R1(m,d)}

Applichiamo la relazione R1 a b verso m e otteniamo l’istanza f.

Fig. F

Creiamo la relazione R3 tra le istanze d e f e la applichiamo all’istanza d verso c ottenendo l’istanza g

Fig. G

R3=(d,f)

R3(d,g)

Creiamo la relazione tra le istanze a e g

Fig. H

R4=(a,g)

conoscendo le relazioni R1 e R4 le applichiamo per definire il punto h che corrisponde al vertice del pentagono

{R1(a,b),R4(b,h),R4(h,a)}

Ora possiamo determinare l’istanza i e i successivi lati del pentagono

{R1(b,h),R4(h,i),R4(i,b)}

Ripetendo il passo precedente con le istanze di partenza invertite otteniamo i lati mancanti del pentagono

{R1(h,b),R4(b,n),R4(n,h)}

Fig. I


Tutta la costruzione è stata effettuata senza utilizzare riga e compasso ne alcun postulato di Euclide.

La costruzione può essere eseguita utilizzando ad esempio, un listello di legno tagliato in base alle relazioni che si costituiscono.


giovedì 3 marzo 2022

La percezione sensibile

 La percezione sensibile

I maggiori contributi filosofici sull’argomento della percezione sensibile si possono fare risalire principalmente a Platone e poi a Kant, il quale riprende alcune idee di Aristotele, tali autori però, e quelli che da loro prenderanno le mosse in tutta la filosofia successiva, non hanno mai sufficientemente approfondito il tema lasciando l’oggetto della visione relegato a pura impressione sensoriale definendolo come incommensurabile o inconoscibile.

Anche nella geometria classica di Euclide l’oggetto geometrico non ha una sua esistenze autonoma e consistente ma rimane solo una elaborazione intellettuale a posteriori.

Ad esempio la costruzione che Euclide fa negli elementi, nel primo postulato, nel quale arriva alla determinazione del triangolo equilatero, giunge a questo punto conclusivo:



Ora in tale rappresentazione l’individuazione del triangolo può avvenire solo se già si sa cosa si vuole individuare infatti se vogliamo vedere il triangolo equilatero selezioneremo i punti A-B-C ma tale figura e solo virtuale, non ha una consistenza reale. Infatti avremmo potuto individuare, invece del triangolo, un rombo, quello compreso tra i punti A-F-B-C, in effetti in questa rappresentazione non esiste alcun “Triangolo” ne altre figure geometriche reali.

Possiamo dire che, dal nostro punto di vista, tutti i postulati degli elementi sono inconsistenti in quanto non individuano, come nel caso del triangolo un oggetto “Triangolo” ma una configurazione di linee nella quale, volendo, possiamo riconoscere la figura voluta. I postulati e tutta la geometria euclidea rimane valida per il suo valore analitico matematico che però non interessano la nostra ricerca.

Gli oggetti fenomenici di cui possiamo ritrovare il concetto in Kant nella “cose in se” non sono ancora oggetti intellettuali, subordinati alla ragione tramite l’assegnazione alle categorie, ma non per questo non hanno una consistenza e una logica interna, non solo visuale ma anche fisica, che ne permette l’esistenza, ancora prima di diventare oggetti di analisi e di essere filtrati per costituire la forma trascendentale.

Ogni oggetto prima di essere percepito dai sensi esiste e la sua esistenza è dovuta ad una configurazione logica che permette l’organizzazione interna dei suoi elementi ed il rapporto esterno con gli altri oggetti; tali configurazioni non sono guidate ne dalla geometria di euclide ne da quella cartesiana.


Il concetto di relazione nel nostro contesto

Il concetto di relazione nel nostro contesto.

Data la fondamentale importanza che acquisisce in questo contesto il concetto di relazione credo sia opportuno definirne il significato assunto.

Il concetto di relazione è ricavato dalla naturale predisposizione, nei fenomeni visivi, ad associare insieme oggetti che hanno uno stesso attributo con valore simile.

Ad esempio troviamo che esiste una relazione tra due boe rosse su un mare azzurro.

Le relazioni possono essere oltre che di equivalenza (o identità) di disuguaglianza (o diversità), ad esempio una foglia verde con una fragola rossa entrano in relazione proprio perché i loro colori sono complementari.


Possiamo vedere in A due oggetti (in questo caso due cerchi) sovrapposti in vista frontale in modo da essere visibili ambedue, in B li vediamo dall’alto quindi quello inferiore non è visibile. Possiamo dire che in questo caso gli oggetti sono in evidente relazione sia dal punto di vista visuale che fisico, la relazione è di equivalenza spaziale occupando la stessa posizione, l’attributo “posizione” degli oggetti è lo stesso.

Se gli oggetti iniziano a spostarsi occupando posizioni diverse, come si può vedere in C, rimangono in evidente stato di relazione, specialmente se non vi sono altri oggetti simili troppo vicini. Gli oggetti sebbene legati tra loro, ora si trovano in una relazione di diversità di posizione e l’attributo posizionale è diverso.

Se nello stesso spazio si trovano altri due oggetti in uno stato di relazione come in D, possiamo vedere che la posizione reciproca tra gli oggetti di un gruppo e quella tra gli oggetti dell’altro gruppo è diversa e possiamo approssimativamente verificare che le distanze reciproche tra gli oggetti di un gruppo rispetto a quelli dell’altro sono il doppio quindi possiamo dire che l’attributo “posizione”-differente si caratterizza con un valore che possiamo prendere come riferimento relativo arbitrario dicendo che la differenza di posizione del primo gruppo vale 1 e nel secondo vale 2 oppure che nel primo gruppo vale 0.3 e nel secondo 0.6. Nello spazio relazionale le posizioni e le dimensioni non sono assolute ma relative.

La situazione, relativamente ai singoli gruppi rimane la stessa anche se gli assi delle due relazioni cambiano di orientamento mantenendo i valori delle differenze di posizione uguali come si può vedere in E. Ciò che cambia sono le relazioni interne al gruppo al quale appartengono tutti gli oggetti delle due relazioni. Possiamo dire che in questo modo costituiamo una nuova relazione, più complessa, tra tutti gli oggetti delle due relazioni che vincolano gli oggetti alle posizioni relative all’interno del gruppo più ampio.

Si fa rilevare che i termini “posizione” e “rotazione” non sono assoluti ma relativi agli oggetti costituenti la relazione quindi non esistono valori che ne determinano la posizione ma solo la posizione di un oggetto rispetto ad un altro. Non esiste neanche una unità di riferimento.


mercoledì 2 febbraio 2022

Forme trascendentali - Kant

Forme trascendentali - Kant

I seguenti brani sono tratti dall’introduzione di Vittorio Mathieu al volume:

Immanuel Kant. Critica della ragion pura.
Traduzione di Giovanni Gentile e Giuseppe Lombardo-Radice
Biblioteca Universale Laterza
Decima edizione 2000

“mostra [la “Critica della ragion pura”] come, nello sviluppo del conoscere, si attui il processo di oggettivazione; come si costituisce l'oggetto. Le condizioni indicate da Kant del costituirsi dell'oggetto, appunto perché [pre]oggettuali, non possono essere oggetti a loro volta, pena la contraddizione: vi è, tuttavia, un processo reale in cui si oggettiva, e quindi si costituisce, la realtà fenomenica, e ad esso guarda Kant attraverso la sua costruzione formale, ipotetico-deduttiva.”

“Poiché le condizioni «trascendentali», che rendono originariamente possibile l'oggettivazione, non possono essere oggetti a loro volta, è opportuno assumerle come presupposti. Kant non ha il coraggio di presentarle espressamente così: tuttavia le indica come fatti; e, in una filosofia trascendentale, assumere un fatto o assumere un postulato non sono due cose molto diverse. Vi è un fatto della sensibilità, ed è l'esistenza di un materiale sensibile, di cui l'oggetto è costituito. Come sia posto in essere questo materiale, non possiamo saperlo: siamo al livello delle condizioni che precedono qualsiasi processo indagabile, e, quindi, le infinite discussioni della letteratura critica in proposito non approdarono a nulla.”

“Ammessi dunque i presupposti, la spiegazione kantiana della possibilità di una conoscenza a priori funziona egregiamente. Se (primo presupposto) le forme dello spazio e del tempo condizionano la ricezione del materiale in modo assoluto, sicché fuori di esse non può formarsi per noi alcun oggetto, è chiaro che l'oggetto, per entrare nella nostra esperienza, deve assumere la struttura delle forme in cui lo riceviamo. Allora, conosciute tali forme (secondo presupposto), non occorrerà rifarsi sempre all'esperienza, per conoscere tutti i caratteri che l'oggetto possiede

[...]

Allora il materiale, o si assoggetta alle condizioni dello spazio e del tempo, o resta fuori, e per noi è come se non ci fosse: è la «cosa in sé», nel senso di cosa per conto suo, indipendente dalle condizioni a cui sottostà ciò che entra nella nostra possibilità di esperienza.”

“[…] l'intelletto pensa oggetti che non produce: oggetti che anche a Critica compiuta, Kant continua a pensare e a definire come «oggetti dati».”


I seguenti brani sono tratti dal volume:

Immanuel Kant. Critica della ragion pura.
Traduzione di Giovanni Gentile e Giuseppe Lombardo-Radice
Biblioteca Universale Laterza
Decima edizione 2000

“Il primo che dimostrò il triangolo isoscele (1) (si chiamasse Talete o come si voglia), fu colpito da una gran luce: perché comprese ch'egli non doveva seguire a passo a passo ciò che vedeva nella figura, né attaccarsi al semplice concetto di questa figura, quasi per impararne le proprietà; ma, per mezzo di ciò che per i suoi stessi concetti vi pensava e rappresentava (per costruzione), produrla; e che, per sapere con sicurezza qualche cosa a priori, non doveva attribuire alla cosa se non ciò che scaturiva necessariamente da quello che, secondo il suo concetto, vi aveva posto egli stesso.”

“Ne segue che, quanto a quello, una intuizione a priori (non empirica) sta a base di tutti i concetti di esso. Così anche tutti i princìpi geometrici, per esempio che in un triangolo la somma di due lati è maggiore del terzo, non vengono mai ricavati dai concetti universali di linea e di triangolo, bensì dalla intuizione, e a priori con certezza apodittica.”

“Lo spazio non è un concetto discorsivo o, come si dice, universale dei rapporti delle cose in generale, ma una intuizione pura. 

[…]

Ne segue che, quanto a quello, una intuizione a priori (non empirica) sta a base di tutti i concetti di esso. Così anche tutti i princìpi geometrici, per esempio che in un triangolo la somma di due lati è maggiore del terzo, non vengono mai ricavati dai concetti universali di linea e di triangolo, bensì dalla intuizione, e a priori con certezza apodittica.”


Dai brani che abbiamo visto, e ce ne sono molti altri al riguardo, un concetto simile alla “forma trascendentale” che abbiamo potuto utilizzare per le concezione della percezione per Platone e per Aristotele, anche se profondamente diversi, per Kant non esiste.

Per Platone e per Aristotele era possibile individuare un prima e un dopo l’evento percettivo, prima c’è la “forma trascendentale” dopo c’è la conoscenza.

In Kant esiste solo un dopo dato che quanto accade al momento della percezione viene deproblematizzato in quanto non esiste per la coscienza, ma ciò che scaturisce da esso è pura intuizione.

Ciò che ho potuto fare per i due filosofi greci e cioè ipotizzare un circolo vizioso tra oggetto primo e oggetto della percezione che si doveva conoscere per vedere e vedere per conoscere, per Kant non si può fare dato che la “cosa” prima della sua concettualizzazione e solo una “cosa in se” imperscrutabile se non rientra nelle categorie e quindi è esclusivamente un processo intellettuale post percettivo.

No so se in tutta l’opera di Kant ci sia un riferimento diretto alla contraddizione a cui ho accennato ma evidentemente il problema della costituzione della forma era talmente complesso che ha ritenuto opportuno eliminarlo.

Questa concezione della “forma trascendentale” negata, però, ci lascia campo libero per la seguente considerazione:  l’oggetto della percezione, che ha posteriori è intellettualizzato tramite le categorie,    in ogni caso esiste fisicamente e se la percezione è una intuizione cosa è e come si svolge la “costruzione” di tale oggetto?

Dato che ci occupiamo di forme visive che rientrano nell’ambito della geometria, un triangolo, che di per se esiste, e che viene tramite l’intuizione, acquisito istantaneamente nella sua globalità come è stato immaginato e costruito nella realtà fenomenica?






venerdì 28 gennaio 2022

Forme trascendentali - Aristotele

Forme trascendentali - Aristotele

Un punto di riferimento sicuro è la decisa contrapposizione, nel pensiero maturo di Aristotele, al pensiero di Platone non solo per le tematiche più generali ma anche nel caso della percezione della forma.

Alla “idea” di Platone si sostituisce la “forma” di ArisTotele ma, in entrambi i casi, l’eîdos, cioè la forma “ideale”, resta sempre l’oggetto del pensiero. Ciò che cambia è la differente fonte di legittimazione della conoscenza: trascendentale in Platone, immanente in Aristotele.

In Aristotele possiamo trovare un concetto assimilabile alla forma trascendentale (eîdos), con una certa approssimazione, a quello di  fantasia (phantasia), sviluppato soprattutto nel De anima ma toccato anche in altre sue opere. Nonostante ciò l’argomento rimane coperto, per i suoi commentatori, da dubbi e incertezze, dato che i riferimenti sono spesso rapidi, elusivi e, non di rado, discordanti.

Vediamo alcuni dei principali punti in cui viene illustrato il concetto, iniziamo con il primo capitolo del De memoria et reminiscentia (449b 30-450a 7):

“Si è detto già prima, nei libri Sull’anima, dell’immaginazione, e che non si può pensare

senza immagine. Nel pensare accade infatti la stessa cosa che accade nel disegnare una figura: qui, infatti, pur non avendo affatto bisogno di un triangolo di grandezza determinata, lo tracciamo tuttavia di grandezza determinata. Allo stesso modo, colui che pensa, anche se non pensa una quantità, si pone dinanzi agli occhi l’oggetto come quantità determinata, pur non pensandolo in quanto tale.”

In questo brano sembra che la descrizione della fantasia sia vicina a quella dell’immagine mentale, per ritrovarci però in altri brani con affermazioni parzialmente discordanti.

Nel settimo capitolo del De anima si afferma che «l’anima non pensa mai senza un’immagine» e che «la facoltà intellettiva pensa le forme nelle immagini»; mentre il capitolo immediatamente successivo, l’ottavo, si conclude in questo modo (432a 3-12)

“Ora, dato che nessuna cosa, a quanto risulta, esiste separata dalle grandezze sensibili, è nelle forme sensibili che esistono gli intelligibili, sia quelli che si dicono per astrazione, sia quanti sono disposizioni e affezioni dei sensibili. E per questo chi non avesse alcuna sensazione non imparerebbe né comprenderebbe nulla; e per questo, quando uno pensa qualcosa, pensa necessariamente insieme una qualche immagine: le immagini sono infatti come sensazioni, solo che mancano di materia.”

Non tutto è chiaro nell’interpretazione di questi brani, ma la relazione tra pensiero ed immagine emerge con sufficiente chiarezza, soprattutto sulla base del primo capitolo del De memoria et reminiscentia e dell’ultimo dei Secondi analitici, ed diviene lecito ipotizzare lo sviluppo che va dall’immagine al concetto in un processo del genere:

1. a partire da dati di senso occasionali e ripetuti, l’immaginazione elabora immagini mentali persistenti, che esistono cioè anche in assenza della sensazione in atto;

2. queste immagini mentali possono essere delle rappresentazioni di pura forma ad esempio l’immagine di «uomo» in generale, non di un uomo in particolare;

3. dalle rappresentazioni evidentemente in forza di un processo di astrazione-generalizzazione, si generano i concetti puri.

Per approfondire tale concezione inseriamo un brano de Secondi analitici, II, 99b 35– 100b 5, trad. it. in Opere, Laterza, Roma-Bari 1973, pp. 372-373.

"Tutti gli animali hanno un’innata capacità discriminante, che viene chiamata sensazione. Così, la sensazione è insita negli animali, ma mentre in alcuni di essi si produce una persistenza dell'impressione sensoriale, in altri invece ciò non avviene. Orbene, quegli animali in cui non si produce tale persistenza, mancano o totalmente, o rispetto agli oggetti, la cui percezione non lascia in essi alcuna traccia, di qualsiasi conoscenza al di fuori della sensazione; altri animali invece possono, una volta che la sensazione è cessata, conservare ancora qualcosa nell’anima. Quando poi si siano prodotte molte impressioni persistenti di questa natura, si presenta allora una certa differenziazione, e di conseguenza in certi animali si sviluppa, sulla base della persistenza di siffatte impressioni, un nesso discorsivo, mentre in altri animali ciò non si produce. Dalla sensazione si sviluppa dunque ciò che chiamiamo ricordo, e dal ricordo spesso rinnovato di un medesimo oggetto si sviluppa l’esperienza. In realtà, dei ricordi che sono numericamente molti costituiscono una sola esperienza. In seguito, sulla base dell’esperienza, ossia dell’intero oggetto universale che si è acquietato nell’anima, dell’unità al di là della molteplicità, il quale è contenuto come uno e identico in tutti gli oggetti molteplici, si presenta il principio dell’arte e della scienza: dell’arte, riguardo al divenire, della scienza riguardo a ciò che è. Le suddette facoltà non ci sono dunque immanenti nella loro determinatezza, né provengono in noi da altre facoltà più produttive di conoscenza, ma vengono suscitate piuttosto dalla sensazione.

Così in battaglia, quando l’esercito si è colto in fuga, se un soldato si arresta, si arresta pure un secondo, e poi un altro ancora sino a che si giunge al principio dello schieramento. L’anima d’altronde è costituita in modo tale da poter subire ciò […] In realtà, quando un solo oggetto, cui non possono applicarsi differenze, si arresta in noi, allora per la prima volta si presenta nell’anima l’universale (poiché si percepisce bensì l’oggetto singolo, ma la sensazione si rivolge all’universale, per esempio all’uomo, non già all’uomo Callia); e poi rispetto a questi oggetti si verifica in noi un ulteriore acquietarsi, sino a che nell’anima si arrestano gli oggetti che non hanno parti e gli universali. Ad esempio, partendo da un certo animale, si procede sino all’animale, e poi rispetto a quest’ultimo avviene lo stesso. E’ dunque evidentemente necessario che noi giungiamo a conoscere gli elementi primi con l’induzione. In effetti, già la sensazione produce a questo modo l’universale."

Da quanto visto risulta evidente che Aristotele ha una idea chiara per quanto riguarda il nesso tra immagine e concetto che possiamo ricondurre all’idea che esso si realizza attraverso la connessione dei concetti con la rappresentazione mentale corrispondente di tipo eminentemente visivo (phàntasma), dove il concetto, che a sua volta viene tradotta in immagine, è il contenuto mentale che deriva dall’apprendimento progressivo dell’essenza di un certo genere di cose, ossia l’oggetto mentale che sta per l’oggetto reale esterno colto nel sua forma universale.

La scienza e la conoscenza sillogistica avvengono - secondo quanto afferma Aristotele negli Analitici Secondi – sulla base di determinazioni universali dell’oggetto di cui si parla. Tali determinazioni sono universali se predicabili di ogni oggetto indicato dal termine.

Perché la determinazione di un un oggetto sia universale occorre che lo sia per il suo oggetto primo, cioè dell’oggetto anteriore ad ogni altro oggetto cui appartiene tale determinazione.

Consideriamo un esempio: per provare che la determinazione ‘avere la somma Degli angoli uguale a due retti’ si predica universalmente di qualcosa, non lo si può dimostrare né per una figura qualsiasi (infatti la determinazione non si predica di un quadrato) né per una figura come il triangolo isoscele, ma bisogna dimostrarlo per il suo oggetto primo, cioè per il triangolo, che è anteriore al triangolo isoscele.

Ma questa affermazione è un’aporia seguendo il seguente ragionamento: seguendo la traccia fornita dallo stesso Aristotele, per avere un triangolo universale devo avere assimilato nel concetto di triangolo molte percezioni di triangoli qualsiasi. La loro sovrapposizione nella memoria fa si che si possa avere il concetto universale di triangolo. Ma per costruire tutti questi triangoli occorre conoscere le regole geometriche per la loro costruzione che si ricavano solo dallo studio scientifico del triangolo universale. La determinazione che gli angoli interni di un triangolo sia uguale a due angoli retti può essere fatta solo studiando il triangolo universale e un qualsiasi triangolo può essere costruito solo disponendo delle linee che formino una figura con gli angoli interni uguali a due retti, questo secondo il metodo euclideo e Aristotele non ah dato un modo alternativo.


Dal nostro punto di vista, che è sempre finalizzato alla comprensione della percezione delle immagini geometriche, possiamo estendere l’idea di forma universale anche agli oggetti geometrici.

I concetti geometrici dunque sono legati alla loro forma ideale che si è formata dall’apprensione progressivo di una certo genere di forme reali. Dopo tale acquisizione si può passare alla introspezione del fenomeno particolare sulla base del concetto consolidato.

Ma in molti casi sono sufficienti le osservazioni sensoriali, che devono essere molte, a definire un concetto? In particolare per gli oggetti matematici-geometrici prima di diventare oggetti di studio scientifico come sono stati concettualizzati?

Possiamo immaginare una società primitiva che viva nella natura, penso che l’occasione di vedere in ente geometrico come un triangolo o un pentagono non siano molte o forse nessuna. E’ ovvio che non esistendo triangoli nel suo ambiente naturale non sarà in grado di studiarli ma se non li può studiare non ne può neanche individuare quelle qualità che permetterebbero di costruirli. Quindi la prima forma triangolare costruita dall’uomo su che basi è stata realizzata? 


Approfondimento sul concetto di relazione in G Le relazioni che descrivo formalmente come ad esempio &r(!a,!b) non sono le uniche relazi...